lunedì 11 ottobre 2010

Fuffa à la camerounaise

Cari amici della fuffa, la “metà africana” della redazione è finalmente rientrata all’ovile! E naturalmente ha cercato di portare a casa - oltre a quel milioncino di foto, cd da ascoltare in caso di attacchi di nostalgia, ricordini vari e nomi e facce da ricordare e con cui cercare di restare in contatto - anche qualche souvenir alimentare, forse non così fuffoso, per la presenza di ingredienti quanto meno insoliti, ma certamente esotico e intrigante.

Ora, per chi non lo sapesse, la meta della spedizione è stata il Cameroun, che, con le sue esuberanti foreste a sud-ovest e le ampie savane a nord, se ne sta rintanato proprio dove l’Africa fa la conca intorno al Golfo di Guinea (piccola lezione di geografia a uso e consumo di chi, esattamente come me prima di andarci, non ha le idee troppo chiare sulla sua collocazione...) :)
La natura lavorativa del viaggio mi ha costretta a una serie di cene di rappresentanza in ristoranti pseudo-italiani, pseudo-spagnoli, pseudo-quelchevivieneinmente, frequentati da europei danarosi e uomini d’affari locali, ma appena sono riuscita a sfuggire a queste insane frequentazioni... beh, finalmente ho potuto mangiare qualcosa di “vero”... e anche qualcosa di strano!
E qui ne approfitto per ringraziare Paolo, Pierre e Stephane per la compagnia e i consigli: merci encore, les gars!

Ecco, quindi, la mia esperienza culinaria camerunese in rigoroso ordine alfabetico, con molte mancanze, ma del resto bisogna sempre lasciarsi qualcosa da assaggiare...

PS: le ricette alla prossima puntata!



50-50 (leggi: cinquante-cinquante): gli spiedini di manzo, che costano, appunto, cinquanta franchi l’uno. Cotti sulla griglia nel quartiere musulmano, sono il classico cibo da strada che si mangia rigorosamente in piedi, dopo averli “rotolati” a piacere dentro spezie più o meno piccanti (occhio al colore!), magari accompagnati da plantain fritti. Praticamente l’equivalente in ciccia delle ciliegie: quando cominci, non riesci a fermarti!





B come bar
, cioè il barracuda: ottimo alla griglia, ben rotolato in una serie di spezie (non esattamente identificabili, mannaggia!) che creano una gustosa e aromatica crosticina.








C come cacao: prendete un frutto di cacao, anche non maturo; apritelo, staccate una fava con la sua polpa bianca e gelatinosa intorno, succhiate e godetevi il sapore acidulo e rinfrescante. Voilà les bonbons de la forêt!




C come Castel, cioè la birra, cioè la bevanda nazionale. Non le sfuggirete: l’ho bevuta persino io che sono in astinenza forzata da alcol (grrrrrrr....). Ma scordatevi di tenere il passo di un camerunese: vi guarderà tranquillo e beato sorseggiando la terza bottiglia da 66, mentre voi crollerete ubriachi sul tavolino del bar.

D come DG, cioè Directeur General: cosa c’entri il direttore generale in cucina, ve lo spiego nel prossimo post...





E come Essos: il mercato dove avrei voluto comprare qualcuno di quei bellissimi peperoncini iper-piccanti con cui si fa una salsa mozzafiato. Avrei voluto, se non ci avessero arrestati. Ma questa è un’altra storia...






G come gam
beri e gamberetti: da non perdere, grigliati o saltati nell’olio di palma, con un pizzico di piment (ma solo un po’, o la vostra lingua entrerà in sciopero per il resto del pranzo/cena). Del resto, se questo paese prende il nome dai gamberi - camaroes in portoghese - un motivo ci sarà.

M come musica, che non si mangia, ma si ascolta sempre, ovunque e preferibilmente a volume sostenuto, soprattutto stando scialati al tavolino del bar, in compagnia di una - o più - Castel.

N come n’dolé
, il piatto tipico di Douala: è una sorta di purea grossolana fatta con le foglie di n’dolè, appunto, una verdura simile alle coste, ma molto amara, che deve essere sottoposta a un attento e ripetuto “lavaggio” per diventare mangiabile! Aromatizzata con gusti e spezie, si accompagna a carne e pesce.



O come omelette: insieme al caffè (luuuuuuuuuungo e molto francese, ahimè), è alla base della colazione camerunese. Scegliete la versione “garni” solo se amate i sapori decisi: nella frittatina vi piazzeranno un paio di salatissime sardine!








P come plantain: il platano, cioè la banana oversize da mangiare rigorosamente cotta. Bollita, fritta, ridotta a una purea soda che assomiglia tanto alla polenta, è il più classico dei contorni per carne e pesce. Le mie preferite: plantain in forma di chips, sgranocchiate nel lungo - e periglioso - viaggio Kribi-Yaoundè, oppure fritte, insieme ai 50-50.

P come papaya
: con una spruzzatina di lime, per contrastare il dolce della polpa. Pura poesia per le papille gustative.

S come serpente: state già rabbrividendo? E’ comprensibile, ma fidatevi: il serpente è ottimo. Basta superare l’attimo di smarrimento che prende quando compare nel piatto, con la sua pelle squamosa e la colonna vertebrale snodata... Carne bianca e soda, gustosa ma non grassa, va affrontata senza timore di sporcarsi le mani: le mille costole sottili vanno spolpate una a una!

V come vaniglia: avete presente quel bastoncino nero che se ne sta nella dispensa, pronto ad aromatizzare creme e impasti? Pensate che abbia un profumo intenso? Lo pensavo anch’io. Poi ho annusato la vaniglia del Cameroun e mangiato un semplice “glace vanille”: da deliquio. Ma siamo sicuri che quella che ho comprato al supermercato sia vaniglia?!?


V come vermi
: no, a tutto c’è un limite. Questi cosi infilzati su uno spiedino, grassocci, bianchi, con la testa nera e due occhietti che mi guardavano, non li ho mangiati. Non ce l’ho fatta. Nascono nelle palme tagliate per fare il vino, che dopo un po’ vanno in putrefazione, brulicano, mangiano, ingrassano... e finiscono infilzati e cotti. Pierre, non me ne frega niente delle proteine, di quanto sono croccanti... non mi convincerai mai a mangiarli!


Foto: Andrea Mascarino

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